LA SVOLTA DELLE ELEZIONI IN SARDEGNA E LA
Il Tar ha imposto a Fitto di concludere il procedimento in 45 giorno, pena la nomina di un commissario

C’è da ritenere che, in Sardegna, pochi saranno gli evasori fiscali, per giustificare il calo di Fratelli d’Italia, dal 23,6% delle politiche, al
13,6% delle regionali del 25 febbraio scorso. E, se in Sardegna vi sono evasori fiscali in eguale misura rispetto al resto del Paese, c’è
invece da ritenere che non si siano sentiti abbastanza protetti dalla signora Meloni, che, alle politiche del 2022, ha avuto la furbizia di
sposare la causa di questi cittadini, i quali, come altri, hanno diritto al voto. E siccome questi cittadini, che fruiscono di servizi pagati da
cittadini onesti verso il fisco, sono molti, altrimenti non si spiegherebbe una evasione fiscale che nel nostro paese supera i 100 miliardi di
euro, secondo una stima per difetto, e raggiunge anche i 140 miliardi, secondo una stima più attendibile, la signora Meloni ha conseguito,
il 25 settembre del 2022, il 26% dei voti dei cittadini che si sono recati ai seggi elettorali, una percentuale equivalente al 16% degli aventi
diritto al voto.
Tuttavia, quella percentuale del 26%, unita all’8,9% della Lega e al 7,7% di Forza Italia, ha fatto raggiungere alla coalizione di centro
destra la percentuale di uno scarso 43% degli elettori che si sono recati ai seggi, percentuale, questa, corrispondente al 27% degli aventi
diritto al voto (ovviamente non vanno presi in considerazione i voti conseguiti dai Moderati, non avendo questi raggiunto l’1% dei voti).
Solo una legge elettorale scellerata, il cui proponente, si fa per dire, andrebbe appeso al palo più alto d’Italia, considerati i danni che la
legge ha prodotto, ha consentito al centro destra di ottenere, alla Camera, il 55% dei deputati, e, al Senato, il 57,5% dei senatori. Con la
prima legge elettorale, quella proporzionale, la percentuale dei parlamentari di ogni partito era corrispondente alla percentuale conseguita
da ogni partito alle elezioni politiche.
Se i dati sono questi, e incontrovertibilmente sono questi, non si capisce come certi giornalisti, ma anche certi politici, si affannino a
riconoscere che la signora Meloni e la sua coalizione hanno vinto le elezioni politiche! Se la matematica non è una opinione la
maggioranza si consegue solo se si supera il 50% dei voti.
Nelle regionali, invece, vince il candidato-presidente che consegue la maggioranza relativa dei voti. Considerazione, questa, che
Francesco Storace non ha fatto quando a “Dimartedì” del 27 febbraio ha obiettato a un sostenitore della coalizione di centro sinistra, che
Alessandra Todde ha vinto con 330.600 voti, corrispondenti al 45.4%, rispetto a 1.447.762 di aventi diritto al voto.
Ma, nella trasmissione condotta da Giovanni Floris, solo una persona, peraltro non presente nello studio de La7, ha fatto rilevare che il
partito della signora Meloni ha conseguito il 13,6% dei voti, mentre il Pd si è imposto di 2 decimali al di sopra di Fratelli d’Italia. Si può
ritenere che i partiti nazionali siano stati sacrificati elettoralmente dalle liste locali della stessa ispirazione politica, ma Fratelli d’Italia, alle
politiche del 25 settembre 2022, aveva conseguito , in Sardegna, il 23,6%, mentre il Pd aveva ottenuto il 18,7%, in linea, quasi, con il dato
nazionale. Non pare, però, che alle regionali sarde, le formazioni locali di ispirazione meloniana, abbiano sottratto un 10% a Fratelli d’Italia.
Chi ha fatto maggiormente le spese delle formazioni locali è stata la Lega, che è scesa al 3,7%, rispetto al 6.3% delle ultime politiche.
Ma la Lega, secondo i sondaggisti, sarebbe stata erosa da Alessandra Todde, che, comunque, sarà la presidente della Regione, anche se il
suo vantaggio di oltre 2.600 voti su Paolo Truzzu, candidato della Meloni, sarebbe sceso a 1.500 voti, dal momento che il 27 febbraio, data
della trasmissione di “Dimartedì”, mancava lo spoglio di 22 seggi elettorali, per cui i dati riportati sarebbero soggetti a ininfluenti
variazioni, secondo noi, ma non secondo i capi del centro destra che, in Sardegna, perduti i buoi, vanno in cerca delle corna. Infatti, hanno
detto che se il distacco della Todde su Truzzu scende a 700-800 voti in più, chiederebbero il riconteggio di tutte le schede, paventando il
ricorso al Tar.
I fatti dicono che non c’è mai stato un ribaltone. Solo in pochi comuni, quando il numero dei certificati medici per i non vedenti era
superiore al numero dei voti con cui la lista vincente aveva distaccato quella concorrente, si sono ripetute le elezioni.
Infatti, i capi del centro destra, che non chiameremmo soltanto di destra, si consolano, però, nel dire che la coalizione delle formazioni
politiche che hanno sostenuto Truzzu, si è attestata sul 48,8%, mentre il centro sinistra si è fermato al 42,6%, Ovviamente, c’è stata, in
danno di Truzzu, la perdita di un 3,8%, confluito in favore della Todde. Ma i capi della coalizione governativa, nel fare la loro valutazione,
non hanno considerato che, in Sardegna, i voti confluiti nelle formazioni locali provengono da cittadini che, più che votate in favore della
coalizione, altrimenti non si sarebbe verificato il voto disgiunto in danno di Truzzu, hanno inteso votare per i candidati di dette formazioni,
per cui il loro voto sarebbe stato tutt’altro che politico.
Staremo a vedere cosa succederà in Abruzzo, prima di poter dire che il vento è cambiato, come invece afferma Marta Bonafoni della
segreteria nazionale del Pd, e cosa succederà soprattutto alle elezioni europee, dove FdI, FI e Lega non saranno alleate, ma si daranno
battaglia dal momento che, per le elezioni europee, si vota con il sistema proporzionale e si esprime la preferenza di genere.
Saremmo lieti nel vedere che i sondaggisti, quelli che ora, nelle intenzioni di voto, attribuiscono al partito della Meloni il 27-28% dei voti,
saranno smentiti. Certamente, non ci sarà un tracollo del partito della signora Meloni, dal momento che la presidente del Consiglio ha
fatto l’asso pigliatutto, nel mettere suoi uomini nella direzione dei vari enti, nei CdA, nella Rai e ovunque c’era da assegnare un posto di
sottogoverno. Queste persone, almeno nelle intenzioni della signora Meloni, dovrebbero orientare il voto di coloro che, a vario titolo,
compreso il rapporto di dipendenza, hanno a che fare con le strutture di cui gli uomini della Meloni hanno la guida.
E, dal momento che non si tratta di elezioni nazionali, dove i vincitori determineranno le sorti dei cittadini italiani, gli evasori fiscali,
probabilmente, potranno, non tutti, orientare il loro consenso verso lidi estranei alla signora Meloni, anche se i sondaggisti sostengono
che la presidente del Consiglio sarebbe destinataria di maggiori consensi, proprio perché non sono in gioco scelte politiche di natura
nazionale.
E’ risaputo che i sondaggisti, avendo anch’essi un orientamento politico, come Alessandra Ghisleri, notoriamente di destra, sono portati
a sostenere la parte politica ad essi più vicina. Chi non ricorda che il giorno prima del voto regionale in Emilia Romagna, nel gennaio 2020,
diversi sondaggisti, probabilmente di destra, davano per vincitrice la candidata presidente della Lega, Lucia Borgonzoni. Sappiamo come
sono andate, poi, le elezioni.
Ma è innegabile che i sondaggi hanno il fine di orientare il voto dei cittadini non liberi, quelli che non seguono gli avvenimenti per operare
scelte autonome. Molti, infatti, sono i cittadini che saltano sul cavallo del probabile vincitore, a cui poter chiedere favori. Un artigiano, uno
sfegatato pentastellato, diceva a chi scrive, che già un anno prima che la signora Meloni vincesse le elezioni, il suo sindacato nazionale
gli consigliava di votare per Fratelli d’Italia, perché sarebbe stata presidente del Consiglio la signora Meloni, una donna comprensiva
verso gli evasori fiscali. Non a caso, in un suo intervento televisivo, quando era già presidente del Consiglio, la signora Meloni ha detto che
gli artigiani, in luogo delle tasse, pagano il pizzo di Stato, mentre, secondo lei, bisognava tassare gli extraprofitti delle banche. Pura
demagogia, finalizzata a raccogliere il consenso degli evasori fiscali, poiché la signora Meloni era convinta che non avrebbe ottenuto
nulla, se non rimediare una brutta figura, dalla banche, che, magari, hanno sostenuto la sua elezione.
In linea di principio, potremmo dire che un politico, alla guida di un paese più civile dell’Italia, sarebbe stato processato dopo aver detto
che lo Stato, invece del pagamento delle tasse, chiede ai cittadini il pizzo, come fanno le organizzazioni malavitose in danno di un
qualsiasi esercente o artigiano, anche se calzolaio.
Ma gli evasori, molto numerosi come dicevamo, sono elettori, sicché tutti i partiti sono prudenti nello schierarsi contro di loro, anche se,
oggi, esistono molti strumenti per scovarli.
Il ministro Visco dell’ultimo governo Prodi, stava combattendo, con gli accertamenti di settore, l’evasione nella giusta direzione. Ma
quel governo, nato nel 2006, con uno scarto di 24mila voti sul concorrente Berlusconi, è durato appena 2 anni, perché Clemente Mastella,
divenuto Guardasigilli dopo aver fatto vedere a Prodi il peso dei tre senatori dell’Udeur, durante la elezione di Franco Marini quale
presidente del Senato, presentò una mozione di sfiducia contro il governo, prendendo a pretesto il fatto che non aveva avuto solidarietà
dai ministri, dopo gli arresti domiciliari inflitti a sua moglie.
In effetti, Mastella, corteggiato da tempo dallo schieramento berlusconiano, aveva pensato di far cadere il governo Prodi, in quanto
certo, secondo il punto di vista non solo di chi scrive, che sarebbe stato meglio compensato politicamente da Berlusconi, sicuro
successore di Prodi a Palazzo Chigi. Invece, Berlusconi non accolse neanche la presentazione delle liste dell’Udeur, l’allora partito di
Mastella. L’attuale sindaco di Benevento, trattato come un cane rognoso come lui stesso sosterrà in you tube, rimase fuori dalla
competizione, perché, secondo il plurimputato Berlusconi, la sua presenza nella coalizione sarebbe stata elettoralmente di ostacolo dal
momento che alla moglie erano stati inflitti gli arresti domiciliari.
Si può dire però che, allora, Mastella abbia cambiato il corso della storia. Infatti, se Prodi non fosse caduto, avremmo avuto gli
accertamenti di settore per scovare gli evasori fiscali, saremmo rientrati, come siamo rientrati grazie a un lieve aumento della tassazione
per i redditi superiori a 40mila euro l’anno, nei limiti di Maastricht, avremmo ripristinato, come abbiamo ripristinato in appena due anni di
governo Prodi, l’avanzo primario, tenuto conto che il limite di Maastricht e l’avanzo primario erano stati sforati da Berlusconi per costruire
un consenso, dopo che, nelle regionali del 2005, la coalizione da lui guidata aveva conservato solo le regioni di Lombardia e Veneto. Se il
governo Prodi non fosse caduto, la strada sarebbe stata spianata in favore del centro sinistra, e Berlusconi non sarebbe mai più ritornato
a Palazzo Chigi.
Invece, dopo il 25 settembre 2022, a Palazzo Chigi è arrivata una donna politicamente peggiore di Berlusconi, una donna che. formatasi
negli ambienti aennini, è, come dicevamo, attenta verso la causa degli evasori fiscali.
Abbiamo già scritto che immotivatamente La signora Meloni trattiene i fondi sviluppo e coesione destinati alle Regioni del Sud, perché
vuole che i governatori regionali dicano a lei come intendano spendere detti fondi. Qualcosa che solo la signora Meloni poteva inventarsi.
In proposito, abbiamo già scritto che Bruno Vespa, sul Mattino del 17 febbraio - il giorno dopo della protesta a Roma, guidata dal
governatore della Campania Vincenzo De Luca, dei sindaci del Sud e della Campania, contro l’autonomia differenziata – ha denunciato
che De Luca, dei 3 miliardi del fondi di sviluppo e coesione, avuti nel periodo 2014-2020, ha speso solo il 24%. Una denuncia, questa,
sostenuta anche dal ministro della Cultura, secondo cui la Campania avrebbe speso “solo il 37% dei fondi europei (una percentuale che fa
a cazzotti con il 24% denunciato da Vespa e confermato, come diremo in seguito, dalla signora Meloni – ndr)”. L’Autorità di Gestione
smentisce tale affermazione, che non ha fondamento. La spesa certificata dalla Regione Campania per il POR-FESR 2014/2020 è dell81%
con già il 110% di spesa sostenuta, in overbooking.
Ecco, infatti, la nota dell’autorità di gestione dei fondi europei della Regione. “16/1/2024 – In relazione a dichiarazioni del Ministro della
Cultura, secondo cui la Campania avrebbe speso “solo il 37% dei fondi europei”, l’Autorità di Gestione smentisce tale affermazione, che
non ha fondamento. La spesa certificata della Regione Campania per il POR-FESR 2014/2020 è dell’81% con già il 110% di spesa
sostenuta, in overbooking. La cifra del 37% indicata dal ministro è falsa e diffamatoria in relazione all’enorme lavoro e ai risultati raggiunti,
apprezzati peraltro dall’Unione Europea”.
Poi, in seguito al ricorso sporto dalla Regione Campania, sui “FONDI SVILUPPO E COESIONE, IL TAR ACCOGLIE IL RICORSO DELLA
REGIONE CAMPANIA, ORDINATO AL MINISTRO (in questo caso, Raffaele Fitto – ndr) DI CONCLUDERE IL PROCEDIMENTO IN 45 GIORNI,
PENA LA NOMINA DI UN COMMISSARIO”.
Ma la signora Meloni, rispetto a questo pronunciamento del Tar, datato 19 febbraio, invece di smettere, di attaccare De Luca, 3 giorni
dopo, il 22 febbraio, ospite di Bruno Vespa, a Porta a Porta, conferma quanto denunciato da Vespa il 17 febbraio sul Mattino, sostenendo
che, dei 3 miliardi e 100 milioni di fondi sviluppo e coesione erogati nel periodo 2014/2020, De Luca ha speso soltanto 800 milioni,
corrispondenti al 24 % dell’intera somma stanziata. Poi, non senza fare della ironia, ha detto che Del Luca ha utilizzato questi fondi per la
“Festa del fagiolo e della patata”, per la “Rassegna della zampogna”, per la “Festa del caciocavallo podolico”, per la “Sagra del cecatiello”
e, se abbiamo capito bene, per la “sagra dello scazzatiello”. Non ha detto, però, quanti governatori regionali del centro destra, hanno dato
soldi alle pro loco per promuovere le varie sagre.
In un momento di pausa, pare nel Transatlantico di Montecitorio, De Luca, seduto su di una poltrona, avrebbe detto, all’indirizzo della
Meloni, “sta stronza”, non perché la signora Meloni fosse una stronza, ma soltanto per dire “fai il tuo dovere”. Quante volte ci capita di
dire ad un nostro interlocutore “non fare lo stronzo”, volendo significare “fai quello che devi fare”. Sull’insulto rivolto alla signora Meloni, è
intervenuto anche, in difesa della presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica, che non poteva rimanere in silenzio. Ma
quell’insulto va interpretato nel senso descritto da noi.
Giuseppe Di Gioia
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