C’E’ IL RISCHIO DI VEDERE IN ITALIA L’INSTAURAZIONE DI UN FASCISMO, STILE VENTUNESIMO SECOLO, SE LA SIGNORA MELONI RESTA A PALAZZO CHIGI. - Politica

C’E’ IL RISCHIO DI VEDERE IN ITALIA L’INSTAURAZIONE DI UN FASCISMO, STILE VENTUNESIMO SECOLO, SE LA SIGNORA MELONI RESTA A PALAZZO CHIGI.

Bisogna porsi a difesa della libertà e delle democrazia, come fanno gli studenti, pur sapendo di subire la carica della polizia

«Oggi, nell'anno di grazia 2024, avere a che fare con la censura in Italia appare semplicemente folle.
Parlare di censura per un monologo di un minuto su antifascismo e postfascismo, alla vigilia della festa della Liberazione, è inquietante
oltre che folle.
Inquietante perché il monologo di Scurati, cui va la totale solidarietà del Partito Democratico di Benevento, non appare neanche un
fiammeggiante manifesto, una dichiarazione di sfida aperta a qualcuno o a qualcosa, bensì un semplice scritto di buonsenso che
ricorda storie, fatti e ruoli.
Di contro, è inquietante che qualcuno abbia potuto sentirsi sfidato da tali parole, in palese evidenza che più di un nervo tuttora scoperto
è stato irritato.
È oltremodo inquietante che la Rai, il servizio pubblico nazionale, si senta in diritto di lenire il formicolio di quel nervo scoperto,
indossando vesti che non le competono: quelle censorie, appunto.
Come detto, la Comunità Democratica Sannita è schierata in maniera compatta con Antonio Scurati, e contro ogni forma di censura al
libero pensiero».

Questa la dichiarazione del segretario provinciale del Partito Democratico, Giovanni Cacciano, diffusa alla stampa, in merito al modo
come è stato vietato ad Antonio Scurati, autore di “M. Il figlio del secolo”, vincitore del Premio Strega nel 2019, di leggere, il 20 aprile, un
monologo di un minuto in relazione al 25 aprile, nel corso dello show “Che sarà” condotto da Serena Bortone su Rai3, monologo
cancellato improvvisamene attraverso l’annuncio con un comunicato stampa.
La conduttrice, non riuscendo a farsi comunicare una ragione per la soppressione dell’intervento, ha scelto di leggere comunque il
testo del monologo in diretta Tv, azione che potrebbe valerle un provvedimento disciplinare, anche perché questa donna, da sempre, si
autoproclama con fierezza antifascista e femminista. Un provvedimento disciplinare che non ci sarà perché la signora Meloni ha pubblicato il monologo sulla sua pagina facebook, non mancando di farlo precedere da un suo preambolo politico. Ma la pubblicazione del monologo non risolve il problema, piuttosto lo ammette.
La motivazione è che la lettura di un monologo della durata di un minuto non poteva essere compensata con 1.800 euro. Però, si
sarebbe detto, circostanza che apparirebbe più attendibile, che la signora Meloni non avrebbe potuto tollerare che Scurati parlasse
contro di lei e ricevesse quel compenso, equivalente, si sarebbe anche detto, a uno stipendio decoroso. Queste osservazioni avrebbero
addolorato Scurati: “Mi dipingono come un estorsore”.
Il condizionale è d’obbligo dal momento che la signora Meloni è molto adusa a querelare chi parla contro di lei. Lo ha fatto contro
Roberto Saviano e il filologo Luciano Canfora, due intellettuali di grande spessore culturale. Saviano avrebbe attributo alla Meloni la
responsabilità della morte di un bambino migrante, Canfora avrebbe detto che la Meloni è una nazista nell’anima.
A noi, ma anche a molti italiani, risulta che il 26 febbraio 2023, a poche decine di metri dalla riva di Steccato di Cutro, un barcone che
trasportava, secondo alcune testimonianze, un centinaio e mezzo di persone provenienti dall’Iran, dal Pakistan e dall’Afganistan, finito
in balia delle onde per 6-7 ore, non ha ricevuto soccorsi dalla Guardia Costiera (non diciamo perché). Ma in molti, secondo quanto
abbiamo ascoltato dalla TV, sono convenuti sul fatto che i 59 morti, provocati dalla distruzione del barcone, potevano essere evitati.
Nei Talk show de La7, quelli che segue chi scrive, hanno osservato che la signora Meloni, quale presidente del consiglio che
rappresenta tutti i cittadini, non avrebbe dovuto sporgere querela contro i due intellettuali.
Ovviamente, Italo Bocchino e Francesco Storace, presenze costanti nei talk show de La7, hanno preteso, nella trasmissione di Floris
del 16 aprile, di mettere a tacere chi sollevava le predette osservazioni,sostenendo che anche D’Alema, quando era presidente del
Consiglio querelò il vignettista Forattini per aver pubblicato su La Repubblica una satira contro D’Alema. Ma non avrebbero detto, i due
epigoni del fascismo, a meno che chi scrive non si è distratto, che D’Alema, sempre nella veste di presidente, ritirò la querela contro
Forattini, comportamento che, almeno finora, non intenderebbe porre in essere la signora Meloni.
Ovviamente, le osservazioni secondo cui un minuto di monologo non può essere compensato come un decoroso stipendio erano
solo un pretesto. Infatti nella trasmissione di Floris del 23 aprile, spesso il conduttore faceva comparire una tabella per rendere noto
come vengono retribuiti gli ospiti della RAI.
Fabrizio Corona avrebbe ricevuto 30.000 euro per 3 interviste; Belen Rodriguez avrebbe ricevuto fino a 20.000 euro ad ospitata; Valeria
Marini avrebbe ricevuto 7.000 euro a presenza; Vittorio Sgarbi avrebbe ricevuto 3.000 euro a presenza. Questi importi sono molti
eloquenti per mascherare una censura giustificata da un preteso alto compenso Che dire poi del compenso che sarà corrisposto a John
Travolta per aver ballato all’ultimo festival di Sanremo il “ballo dei qua qua”? Si dice che gli sarà (se non gli è stata già) corrisposta la
stessa somma che ricevette nel 2006: 450.000 euro.
E’ assillante, però, vedere tutte le sere, nella trasmissione di Lilly Gruber de La7, la presenza di Italo Bocchino, che il 23 aprile, a Otto e
mezzo ha detto: “io sono cresciuto in un paese liberato dalla dittatura. Sono antifascista per quanto riguarda i valori. Non voglio essere
antifascista, perché qualcuno mi dice che devo inzupparmi delle ideologie che devo anche io rappresentare”.
E la presenza di Bocchino, di Storace e di altri sostenitori della signora Meloni non può essere ostacolata dai gestori dei canali
televisivi privati, perché, se lo facessero senza garantire il pluralismo delle idee, potrebbero, per i tempi che corrono, rischiare di non
fruire più delle frequenze.
Per la RAI, invece, dove il pluralismo è stato relegato in soffitta, il discorso è diverso: La commissione di vigilanza ha deciso che i
membri del governo possono parlare, in RAI, senza limiti di tempo e senza contraddittorio.
Anche durante la campagna elettorale, che si aprirà ufficialmente tra poco, la Par condicio deve valere per i partiti di maggioranza, da
una parte, e per i partiti di opposizione, dall’altra. Per i membri del governo, invece, non c’è Par condicio, perché essi quando vanno in
televisione parlano del sesso degli angeli.
Rimbombano ancora nelle nostre orecchie le parole di Massimo Cacciari, appena ebbe ad insediarsi questo governo. Il filosofo
veneziano, infatti, disse, in un Otto e mezzo di Lilly Gruber, che il fascismo, insediatosi un secolo fa alla guida del paese, non può essere
associato al governo Meloni. Ma non si è instaurata la dittatura, appena Mussolini è diventato capo del governo. L’uomo di Predappio,
ha chiuso il Parlamento, “un’aula sorda e grigia”, rifuggiandosi a Palazzo Venezia, dopo l’assassinio di Matteotti.
Con questo, non vogliamo certo dire che la signora Meloni ci priverà del voto. Si vota anche nell’Ungheria di Orban, nella Turchia di
Erdogan, nella Russia di Putin. Ma, in questi paesi, non vi è una democrazia per il solo fatto che i cittadini vanno a votare, magari (per
usare un eufemismo) anche in modo controllato. Il problema è che in quei paesi la libera espressione del pensiero è soppressa. I
giornali devono assecondare il governo se non vogliono essere chiusi. Queste non sono democrazie, sono democrature, come le
chiamava Bernardo Valli su L’Espresso.
In questo senso pare si stia orientando anche la signora Meloni, nella misura in cui vorrebbe (il condizionale è d’obbligo) il controllo
della stampa. Alle limitazioni della libertà ci si arriva per gradi, Il primo passo è il premierato, cioè il pervenire alla elezione di un governo
di ferro, snaturando le prerogative del Presidente della Repubblica.
Le prime restrizioni si stanno ponendo in essere con l’introduzione, nei consultori (laddove ci sono), di persone che dovrebbero far
capire alla donna che l’aborto è un omicidio, per dissuaderla. Infatti, Incoronata Boccia, vice direttrice del TG1 ha dichiarato: “stiamo
scambiando un delitto per un diritto”. Pietro Senaldi, vice direttore di “Libero”, interrogato in proposito da Floris, la sera del 23 aprile, ha
detto che quella della giornalista Boccia è una idea personale, il che equivale a dire che una cosa sono le idee personali di una
giornalista, altre, invece, sono le idee che guidano la giornalista medesima nell’esercizio delle sue funzioni di vice direttrice del TG1.
Siamo alla schizofrenia, se dovesse essere vero quello che ha detto Senaldi.
Ma vediiamo come è giudicata la signora Meloni dai giornali esteri, secondo quanto abbiamo potuto vedere nella trasmissione di
Floris del 23 aprile. Le Figaro: “In Italia cresce l’influenza del governo sui media”, The Guardian: “Meloni trasforma la TV italiana in un
megafono per l’estrema destra”; El Pais: “Meloni vuole pieno potere sui media”, Liberation: “Meloni non nasconde la sua intenzione di
portare l’Italia verso il modello illiberale di Polonia e Ungheria”; The New York Times: Preoccupanti sforzi per riempire l’emittente
pubblica di lealisti. Il governo Meloni ha una dura vena autoritaria”.
Non sappiamo cos’altro si possa dire della signora Meloni per aver l’idea di come lei stia instaurando in Italia un fascismo, stile
ventunesimo secolo.
Allarmante è il comunicato dell’USIGRAI, il sindacato dei giornalisti Rai: “Il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico interviene
con un comunicato, andato in onda domenica 21 aprile 2024, per stigmatizzare la decisione dell’azienda di cancellare l’intervento dello
scrittore previsto nella puntata di: “Che sarà”, su Rai3, di sabato 20. E rivolge una lettera aperta all’amministratore delegato, Roberto
Sergio: “Non è mai tardi per cambiare rotta”.
“Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico”, prosegue il comunicato, “Si fa ogni giorno più asfissiante.
Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi,
come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete. Rai3 ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile
per i telespettatori. La stessa azienda, che ha speso 6 milioni per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere
economico per l’esclusione di Scurati.Motivazioni già smentite dai fatti”. Il comunicato è lungo circa due cartelle, ma noi ci fermiamo
qui, anche se altri passaggi li useremo in altre occasioni.
Giuseppe Di Gioia

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