L’INTERVENTO DI ANTONIO DECARO, UNA PERSONA PULITA
Il sindaco di Bari il 2 giugno ha parlato nell’hotel Traiano dell’importanza dell’Europa e di ciò che ha realizzato nella sua città, anche con i fondi del PNRR

Nonostante il tempo minacciasse pioggia, una affollata assemblea, nell’ampio spazio dell’hotel Traiano, ha accolto il candidato alle
europee del Partito Democratico, nella circoscrizione meridionale, Antonio Decaro, il quale si è soffermato su ciò cha ha fatto per Bari,
nel corso del suoi due mandati di sindaco del capoluogo pugliese, senza soffermasi,nemmeno per un attimo, a parlare della vicenda
montata contro di lui, da organi governativi, relativamente a infiltrazioni malavitose nell’amministrazione comunale. Non a caso, fruiva di
una scorta proprio per essere difeso nei confronti di organizzazioni malavitose. Diremmo, invece, che in relazione a questa montatura,
Antonio Decaro, conservata la carica di sindaco perché è una persona pulita, ha conquistato in Italia una notevole notorietà.
Prima di lui, in apertura dell’incontro politico, ha parlato la presidente della federazione del Pd, Rosa Razzano, la quale ha percorso
sommariamente i 78 anni di vita democratica del nostro paese, dal referendum istituzionale ad oggi, periodo, questo, in cui si è costituita
l’Europa unita, che si è dato un proprio Parlamento nel 1979.
Dopo di lei ha parlato anche il segretario provinciale del Partito, Giovanni Cacciano, per spiegare come sia importante andare a votare
per combattere l’astensionismo in una elezione che è la più importante,dopo quella del 1979. Dato il benvenuto ai partecipanti e, in
particolare ad Antonio Decaro, “tra i più bravi sindaci d’Italia”, Giovanni Cacciano si è soffermato, infatti, sull’importanza di queste elezioni
continentali, in quanto “per la prima volta, è messo in crisi il patto costituente dell’Europa, patto che vedeva le forze progressiste, popolari
e liberali unirsi intorno a quello che è il modello di sviluppo europeo, modello di sviluppo che ha il più avanzato stato sociale al mondo,
invidiato da tutti, con un approccio universalistico, perché siamo la patria dei diritti civili e dei diritti sociali. Ebbene, per la prima volta da
quando votiamo per l’Europa, quel patto è messo in crisi o potrebbe essere messo in crisi dall’aggressione di destre nazionaliste,
populiste e sovraniste. Sono quelle destre che immaginano l’Europa delle piccole patrie, la patria del diciannovesimo secolo, quelle che
hanno condotto a due guerre mondiali. E l’Unione europea nasce proprio dalle tragedie delle due guerre mondiali. Noi possiamo ancora
giocare un ruolo nel mondo, un mondo di otto miliardi di abitanti, solo all’interno dell’Europa, poiché la nostra Patria è l’Europa, una Europa
federale, perché solo nella direzione europea possiamo continuare a garantire il nostro modello di sviluppo. Possiamo garantire una
Europa dei diritti, uno stato sociale universalistico. Possiamo garantire una difesa comune, una sanità comune, una politica estera
comune. Il Partito Democratico è l’argine contro questa deriva nazionalista e neopopulista. Con Antonio Decaro porteremo in Europa una
autorevole voce del Sud, la voce dei diritti di prossimità”.
E’ stata poi la volta di Antonio Decaro.
“Grazie, buon pomeriggio a tutti. So che non era scontato, in un pomeriggio di domenica, in cui si festeggia la nascita della Repubblica
Italiana, e soprattutto con una partita di calcio che si avvicina per voi. Lo dico da tifoso della mia squadra che si è salvata nell’ultima
giornata. Quindi, mi rendo conto cosa vuol dire per voi questa partita (conclusasi con un pareggio – 2 a 2 – in cui per ben due volte la
squadra del Benevento è stata rimontata dalla Carrarese,un pareggio che ha condannato il Benevento a restare in serie C, poiché, nella
partita di andata, in Toscana, la nostra squadra ha perduto per 1 a 0 – ndr)”.
“Oggi, per me, è stata una giornata particolare, emozionante. Sono stato a Roma, dove ho aperto, per l’ultima volta, alla guida dei sindaci
italiani, la sfilata davanti al Presidente Mattarella. Le fasce tricolore ci ricordano i valori, gli ideali della nostra Costituzione, la Costituzione
della Repubblica, una Repubblica unica e indivisibile. Noi sindaci oggi abbiamo interpretato quel ruolo di persone più vicine alle difficoltà e
ai problemi, ma anche più vicini alle aspirazioni, alle ambizioni. Abbiamo sfilato, mentre dal megafono si sentiva una voce che diceva: i
primi cittadini d’Italia, i politici più vicini ai bisogni della gente. E’ stata l’ultima volta per me, perché tra qualche giorno non sarò più il
sindaco della mia città e non potrò più rappresentare i sindaci italiani attraverso l’ANCI. Però, ho l’ambizione di continuare a rappresentare
i sindaci in Europa, in quel luogo dove ormai si decide tutto. Con il mio slogan, “Primi cittadini d’Europa”, voglio portare il punto di vista
degli amministratori locali che, come ho detto prima, sono quelli più vicini ai problemi, ma sono anche quelli più vicini alle ambizioni della
propria comunità. E attraverso questi anni di amministrazione mia, ma anche degli altri sindaci che ho incontrato, da Nord a Sud, sindaci
di comuni piccoli e grandi delle aree interne. Ho imparato, dalle loro esperienze che si possono cambiare le regole. Io l’ho fatto nella mia
città, grazie all’insegnamento dei miei concittadini, quando ho deciso di cambiare la tassa per la prima casa. Non so se ve la ricordate.
Sembra sia passato un secolo, ma non è passato un secolo. Io incontrai una ragazza, che, perduti i genitori, aveva ereditato una grande
villa con una grande rendita catastale e con una grande tassa. Lei diceva: “sindaco, io non ho la possibilità di pagare questa tassa perché
non ho un reddito”. Quindi, cambiai il coefficiente. Non utilizzammo più la rendita catastale, ma l’ISEE, che teneva insieme la rendita
catastale, il numero dei componenti il nucleo familiare, il reddito del nucleo familiare. Ho dato un esempio, ma ne potrei fare tanti”.
“Anche Ieri, durante l’incontro nei giardini al Quirinale, a Giuseppe Conte ho detto: guarda che il primo reddito di cittadinanza non l’hai
fatto tu, l’ho fatto io nella mia città. Si chiamava “cantiere di cittadinanza”. L’ho introdotto perché una signora, venuta con le sue due
bambine nella mia stanza, chiedeva un posto di lavoro. E mentre mi affannavo per dirle che non era mia competenza trovarle un posto di
lavoro, ha tirato fuori dalla sua borsa della spesa una piccola tanica di benzina. A questo punto, mi sono ricordato ciò che era successo al
mio predecessore nell’androne del Comune. Un signore, cosparso di benzina, aveva in mano un accendino per darsi fuoco. Il mio
predecessore lo spinse verso il muro, gli tolse l’accendino e lo salvò. Io mi sono messo tra la signora e le bambine, dicendole: Perché si
vuole dare fuoco? La signora, invece, mi ha detto: io devo uccidere te se non mi trovi un posto di lavoro. Allora ho capito che non potevo
dire “non è mia competenza”. Così, ho inventato i cantieri di cittadinanza, utilizzando risorse europee, destinate alle città metropolitane
per andare incontro, con 450 euro, a persone con un ISEE non superiore a 3.000 euro. Una forma di contrasto alla povertà”
“E’ stata una forma di soddisfazione per me, anche per aver assegnato un terreno abbandonato da 50 anni ad un super condominio.
Erano 300 famiglie che volevano un terreno per farne un orto. Io non riuscivo a fare l’assegnazione, perché c’erano 4 regolamenti
comunali in contraddizione tra di loro. Ho cancellato tutto. Siamo andati in Consiglio comunale, dove all’unanimità abbiamo approvato un
regolamento che affida i beni comunali, terreni e immobili, gratuitamente. Ho inventato, sempre con fondi europei, la possibilità di animare
dal basso, dal punto di vista culturale e anche sociale, il modo come utilizzare questi immobili”.
“Si è trattato, quindi, di aiutare i cittadini, in forma singola e associata, a esercitare quella sussidiarietà prevista dalla nostra
Costituzione, per migliorare le proprie condizioni di vita. Perché ho fatto questi esempi? Per dimostrare che i primi cittadini d’Europa sono
in grado di cambiare le regole. In questi mesi ho attraversato la circoscrizione elettorale che va da L’Aquila fino a Reggio Calabria. Ho
incontrato tradizioni, storie, comunità, tanti dialetti. Ho incrociato tante persone, tanti amministratori, tanti operatori. Mi sono accorto che
ci sono alcune questioni che dobbiamo affrontare in Europa, dove si decide tutto. Ho incrociato gli agricoltori, che mi hanno chiesto
giustamente: “se utilizziamo alcune tipologie di pesticidi attivi, poi non possiamo importare prodotti agricoli di paesi al di fuori dell’Unione
europea, che utilizzano quei prodotti, quei pesticidi che noi evitiamo per non porre in essere una concorrenza sleale”. Ho incontrato
pescatori, che hanno difficoltà col pescato, perché è stata individuata una dimensione della rete che crea dei problemi ad alcune tipologie
di pesca. Ho incontrato i balneari che incontrano difficoltà per il fatto che ogni paese adotta una sua normativa. E nel nostro paese la
direttiva europea ha tanti problemi di applicazione”.
“Probabilmente, l’Europa, stando così lontana non riesce a calarsi nelle questioni che sono specifiche di ogni territorio. Io cercherò di
portare questa esperienza in una Europa che onestamente sentiamo più vicina. L’Europa ci ha permesso di vaccinarci tutti dando la
precedenza alle persone fragili, in quello spirito di solidarietà richiamato nel manifesto di Ventotene, quel manifesto scritto da persone
come Altiero Spinelli. Un manifesto che è stato interpretato da grandi personalità, pure del mio Partito. Con lo stesso spirito di
accoglienza e di solidarietà aprii il palazzo dell’Unione europea per accogliere i senza fissa dimora, che avevano freddo in una giornata
gelida. Fu un segnale simbolico che si richiamava a quei valori, a quegli ideali ai quali ci ispiriamo tutti noi del Partito Democratico”.
“So che non siete tutti del Partito Democratico qui oggi. Però io debbo dire, con grande piacere, che vedo tante personalità che hanno
attraversato il mio partito in questi anni e che oggi si ritrovano. Sono personalità che vengono anche da esperienze politiche pregresse
come me. Vederle qui tutte insieme un po’ mi emoziona. Qualche volta mi è capitato di dire che se il Partito Democratico davvero vuole
essere un partito di massa, un partito popolare, deve cominciare un po’ di più a somigliare all’Italia che vogliamo. Se vogliamo una Italia
unita, dobbiamo pensare anche ad un partito unito che sappia superare quelle che sono le divisioni nazionali e quelle che sono le
divisioni di carattere locale”.
“Certo, ognuno di noi, soprattutto quelli un po’ più grandi, viene da esperienze pregresse. Io ero giovanissimo quando c’erano ancora i
partiti del ‘900: c’era il Partito comunista, c’era la Democrazia cristiana, c’era il Partito socialista. Vedo tante personalità politiche che
hanno attraversato quegli anni. Però è indubbio che il Partito Democratico aveva quell’ambizione politica di superare i partiti del ‘900,
contaminando le esperienze dei partiti del ‘900. Quando ho incontrato per la prima volta Walter Veltroni mi sono inginocchiato perché l’ho
ringraziato. Io vengo da una famiglia complicata. Mio padre, proveniva da famiglia socialista, mia madre, invece, era comunista perché
proveniva da famiglia comunista, Mio zio, avendo sposato la nipote del parroco, votava Democrazia cristiana. Non vi voglio dire che cosa
succedeva a Pasqua e a Natale: non riuscivamo a finire una cena o un pranzo. Mio padre, tra l’altro, era anche una figura istituzionale, nel
senso che era consigliere comunale per conto del Partito socialista. Quindi era convinto che tutta la famiglia dovesse votare per lui,
indipendentemente dalle idee di ognuno”.
“Poi, con l’arrivo di Veltroni, abbiamo salvato pranzi e cene. Sono contento però di vedere tante persone che si richiamano a quei valori e
agli ideali dell’Europa unita, dell’Europa dei popoli, dell’Europa che non deve soltanto superare le barriere doganali per darci la possibilità di
andare da un paese all’altro, come passeggeri senza subire controlli. Non deve essere soltanto una Europa economica, deve essere una
Europa politica. Deve avere una unica voce, anche autorevole, anche nei confronti della guerra, chiedendo una tregua. Non abbiamo avuto
fino ad oggi ancora una voce unica, autorevole che avrebbe permesso di imporre una tregua, a qualche chilometro da qui. Mi candido per
rappresentare gli amministratori locali e il popolo del Sud. Noi ci candidiamo come collettivo, non come singoli. La presidente del
Consiglio ha detto: “vota Giorgia”. Io, se mi dovessi candidare come singolo, dovrei dire: vota Antonio. Fa un po’ ridere, ma se lo facessi,
dovrei pagare i diritti d’autore alla famiglia di Totò, cosa che non mi potrei permettere”.
“Per fortuna, i valori e gli ideali che mi hanno accompagnato in questi anni, mi mettono in condizione di lavorare per l’unità, non solo dei
popoli europei ma anche della nostra nazione, perché mi sembra assurdo candidarmi alle europee, parlare di Europa unita e poi vivere in
un paese in cui personalità politiche fanno manifesti in cui dicono “più Italia, meno Europa”. Ma perché ti candidi alla europee se poi fai un
manifesto di questo tipo. Prova a chiedere agli inglesi, che, usciti dall’Unione europea, cosa gli è successo in questi anni. Non riescono più
a vendere il pesce, perché le procedure doganali sono lunghissime, non riescono ad importare frutta e verdura dagli altri paesi europei. Se
andate sugli scaffali di Londra non trovate i pomodori, e quando li trovate, il prezzo è maggiorato del 25%, rispetto a quando l’Inghilterra
era nell’Unione europea”.
“E ci sono politici, nel nostro paese, che strizzano l’occhio a persone come Orbàn, a paesi come l’Ungheria che, non solo negano diritti
civili a chi abita nella propria nazione, ma sono nazionalisti per fare gli interessi della loro nazione. Quando abbiamo chiesto, qualche
volta, di distribuire il flusso migratorio su tutto il territorio europeo, come abbiamo provato a fare nel nostro paese, chi si è schierato
contro il superamento del trattato di Dublino 1, 2 e 3, trattato che prevede che gli immigrati si debbono fermare nei paesi dove sono
arrivati la prima volta? Si erano schierati i paesi nazionalisti, come l’Ungheria, interessati a fare gli interessi della propria nazione, e non
quelli dell’Europa. Non interpretano il manifesto di Ventotene. Questo dobbiamo spiegare agli italiani, che andranno a votare fra una
settimana. In quella occasione, non si tratterà di scegliere tra la monarchia e la Repubblica, però andremo a votare per scegliere tra chi,
del mondo progressista, ha governato l’Europa in questo periodo e chi, invece, tra i nazionalisti, non avrebbe mai avuto quello spirito di
solidarietà che c’è stato, da parte dell’Europa, subito dopo il covid, perché l’Europa, per la prima volta, decide di mettere a disposizione dei
paesi più fragili pezzi di debito pubblico di tutti i paesi europei, per aiutare quei paesi più in difficoltà”.
“Dei 750 miliardi di recovery, 220 miliardi sono arrivati a noi, la cui distribuzione, programmata dal PNRR, è destinata al Sud per il 40%.
Quaranta miliardi di euro sono arrivati ai comuni, soldi che non abbiamo mai visto, per realizzare asili-nido, parchi, giardini per la
socializzazione, attrezzature sportive per fare sport all’aperto. Poi, ancora, tanti investimenti sugli autobus elettrici, tranvie, metropolitane,
riqualificazione di case popolari, biblioteche di quartiere, musei. Tante risorse europee che ci accompagnano. Io, prima del PNRR, già
usavo i fondi strutturali. Ho dato la possibilità ai miei cittadini di pagare l’autobus con 20 euro all’anno, per poter salire su tutte le linee di
trasporto pubblico.
“Con i fondi europei, ho finanziato il pronto intervento sociale, con la presenza di notte di assistenti sociali. Ho finanziato le reti civiche
urbane, ho messo a disposizione 3 milioni di euro per potenziare la rete di associazione tra parrocchie e scuole, che rappresentano poi
l’ossatura delle nostre città. Costituiscono la comunità. Quando mi dicono: qual è l’opera pubblica più importante che hai realizzato? Io
rispondo: La comunità, perché ho aiutato associazioni, scuole e parrocchie a stare insieme, a tenersi per mano, a rafforzare legami dal
punto di vista umano che già esistevano. E’ la cosa più importante per noi, perché noi siamo quelli della comunità che sta insieme, non
quelli della comunità rinserrata, che deve stare chiusa in casa, che vede il nemico anche dall’altro lato del pianerottolo, che devo avere
l’arma per difendersi non si sa da chi. I populisti individuano un problema e, nel contempo, individuano un nemico. Non trovano mai una
soluzione. Noi siamo i progressisti, siamo i riformisti, è vero Umberto (De Caro –ndr), siamo quelli che invece cercano di trovare soluzioni
ai problemi. L’Europa l’abbiamo sentita più amica. Io, quando vedo quella bandiera blu con le stelle dorate, soprattutto dopo i soldi del
PNRR, me la voglio abbracciare insieme alla bandiera italiana, perché mi ha permesso di far crescere la mia città”.
Non sento, invece, lo stesso atteggiamento da parte del governo italiano. Mentre l’Europa ci tende la mano, il governo italiano tira
indietro la mano. I comuni che hanno investito i fondi del PNRR realizzano le opere pubbliche che poi devono gestire. Quindi, hanno più
necessità di risorse per la gestione, risorse che invece il governo non eroga. E sono comuni del Sud, perché, come ho detto prima, il 40%
delle risorse vanno al Sud”.
“Dal primo luglio tolgono i soldi per la decontribuzione per le aziende del Sud. Le aziende del Sud pagavano il 30% in meno di contributi
per i lavoratori, gli altri li versava lo Stato, per dare la possibilità, dopo il covid, di fare assunzioni ed evitare licenziamenti. Poi, c’è
l’autonomia differenziata, che è stata citata nei due interventi precedenti. Sarà per noi una iattura. La colpa è anche nostra. Perché se non
avesse inserito la Lega, all’epoca, l’autonomia differenziata, o meglio il federalismo, oggi non staremmo parlando del decreto Calderoli.
Quel decreto, però, spaccherà, con l’autonomia differenziata, un paese in due. Lo dividerà, perché già oggi non abbiamo gli stessi servizi”.
“La costituzione prevede, indipendentemente da dove nasci e da dove decidi di andare a vivere, di avere gli stessi diritti e gli stessi
servizi. Faccio sempre gli esempi delle attese, le liste d’attesa, l’attesa dell’autobus. Guardate le vostre attese e guardate le attese negli
altri comuni del Nord Italia. Sono diverse, sono più lunghe da noi. Un autobus si aspetta di più. E’ colpa dei sindaci del sud? Io non credo.
Qualche settimana fa, ho letto che l’autonomia differenziata serve al Sud per responsabilizzare gli amministratori. Io ho incontrato tanti
amministratori del Sud assolutamente responsabili. Sono quelli che, senza risorse economiche e senza risorse umane, sono riusciti a
spendere i soldi del PNRR più e meglio degli altri. Come in Forrest Gump, quel famoso film in cui nessuno avrebbe scommesso niente
sulla corsa e sul percorso di quell’attore. E lui corre, corre, perché sente una vocina nell’orecchio. E la stessa cosa hanno sentito i sindaci,
soprattutto quelli del sud, una vocina, solo che, quando l’attore si girava non c’era nessuno, era una voce immaginaria”.
“Quando i sindaci si girano, la voce non è una e non è immaginaria, sono centinaia di persone che ti rincorrono e ti dicono: ”Sindaco,
corri, corri, spendi le risorse del PNRR, perché se non le spendi io non ti voto”. Questo sono riusciti a fare, un’impresa che sembrava
impossibile, lo abbiamo fatto, ci siamo riusciti, e quindi credo che abbiamo dimostrato di essere amministratori responsabili. Non
sentiamo la vicinanza da parte del governo, perché con l’autonomia differenziata davvero lo divideremo. Qualcuno dice che a Firenze e a
Bologna l’autobus si aspetta 20 minuti. Faccio sempre esempi legati al mio mestiere precedente, quello di ingegnere dei trasporti. A Bari
,invece, si aspetta il doppio, 40 minuti. Qualcuno dirà che forse ha ragione la Meloni. I sindaci del Nord sono più responsabili? Io credo di
no, proprio perché sono ingegnere dei trasporti. Tra l’altro, Firenze e Bologna sono grandi quanto Bari, stesso numero di abitanti e hanno
sindaci che sono due miei amici: Nardella e Matteo Lepore. Saranno più bravi di me come sindaci, più responsabili. Sui trasporti no, vi
assicuro che sui trasporti sono più bravo io, anche perché mi chiamano per risolvere i loro problemi sui trasporti. Però là si aspetta di
meno, la metà”.
“Perché? Loro ricevono 40 milioni di euro, 2 euro a kilometro per 20 milioni di kilometri e quindi si aspetta 20 minuti. A Bari. poiché
solitamente mi danno 20 milioni di euro, l’autobus si aspetta 40 minuti. Ho detto alla Meloni: dai 40 milioni di euro pure a me e ti faccio
vedere che l’autobus si aspetta 20 minuti pure a Bari. Non è questione di responsabilità, è questione di risorse che non abbiamo mai
avuto e che con l’autonomia differenziata, quelle risorse diminuiranno. Ogni regione, per alcune attività, come quelle dei servizi sociali, il
trasporto pubblico ci chiede le proprie risorse, la propria capacità fiscale, che ovviamente è più alta al Nord, perché ci sono infrastrutture
che noi non abbiamo, ci sono aziende che si sono insediate quando c’erano le infrastrutture che noi non abbiamo. Stiamo facendo degli
sforzi per avvicinarci alle altre regioni del Nord. Ecco il 40% dell’Irpef, che è la fascia più facile da individuare, è concentrata in tre regioni:
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Non vi chiedo chi ha voluto l’autonomia differenziata, perché la risposta è facile: Lombardia,
Veneto ed Emilia-Romagna, perché ovviamente tenendosi le proprie risorse aumenteranno i servizi e miglioreranno i servizi per le proprie
comunità”.
“Ai baresi ho detto: voi aspetterete l’autobus 50 minuti con l’autonomia differenziata, a Firenze e Bologna, buon per loro, aspetteranno 10
minuti o 15 minuti e non è giusto, non è giusto per noi, non è giusto per le nuove generazioni. I parlamentari del centro destra, anche quelli
di questo territorio, stanno tradendo il loro territorio, tradiscono la Costituzione italiana. la Costituzione prevede nell’art. 3: “è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Vedete
come sono belle quelle parole, le ho citate spesso in tutti gli interventi che fatto, anche oggi sul tg1. Ogni parola porta con sé la bellezza
dei valori e degli ideali della nostra Repubblica, ma anche il peso e la responsabilità della Repubblica. Io vi parlo dell’autonomia
differenziata. perché faccio il sindaco, sono un amministratore, ma più di me sono una Repubblica i parlamentari, e i parlamentari del
centro destra, anche di questo territorio, hanno tradito quelle parole della Costituzione, perché quegli ostacoli non solo non li stanno
rimuovendo, ma ne stanno mettendo degli altri, con l’autonomia differenziata. E non è giusto perché impediranno lo sviluppo alle nostre
comunità e perché taglieranno le gambe una volta per tutte alle nuove generazioni”.
“Io ho visto Matteo Salvini che due giorni fa ha chiuso un comizio, salutando il generale Vannacci e mettendo, in sottofondo, una
canzone di De Gregori. “Generale” si chiama quella canzone, però non so se De Gregori ha querelato Salvini, e non so se Salvini conosce
bene la storia e la discografia di De Gregori. Io la conosco e, prima, ho preso un appunto perché mi son ricordato di una canzone di De
Gregori, che a un certo punto dice: e poi la gente, perché è la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere, te la trovi tutta con gli
occhi aperti, perché sa benissimo cosa fare. Ecco, io a Matteo Salvini vorrei dire che la storia siamo noi del Sud, siamo la storia e siamo
anche il futuro di questo paese. E quelli del Sud sanno bene dove debbono andare. Hanno gli occhi aperti e glielo faremo vedere l’8 e il 9
giugno con gli occhi aperti, la schiena dritta e la testa alta, Grazie dell’opportunità che mi avete dato oggi. Buona fortuna”.
Giuseppe Di Gioia
Nonostante il tempo minacciasse pioggia, una affollata assemblea, nell’ampio spazio dell’hotel Traiano, ha accolto il candidato alle
europee del Partito Democratico, nella circoscrizione meridionale, Antonio Decaro, il quale si è soffermato su ciò cha ha fatto per Bari,
nel corso del suoi due mandati di sindaco del capoluogo pugliese, senza soffermasi,nemmeno per un attimo, a parlare della vicenda
montata contro di lui, da organi governativi, relativamente a infiltrazioni malavitose nell’amministrazione comunale. Non a caso, fruiva di
una scorta proprio per essere difeso nei confronti di organizzazioni malavitose. Diremmo, invece, che in relazione a questa montatura,
Antonio Decaro, conservata la carica di sindaco perché è una persona pulita, ha conquistato in Italia una notevole notorietà.
Prima di lui, in apertura dell’incontro politico, ha parlato la presidente della federazione del Pd, Rosa Razzano, la quale ha percorso
sommariamente i 78 anni di vita democratica del nostro paese, dal referendum istituzionale ad oggi, periodo, questo, in cui si è costituita
l’Europa unita, che si è dato un proprio Parlamento nel 1979.
Dopo di lei ha parlato anche il segretario provinciale del Partito, Giovanni Cacciano, per spiegare come sia importante andare a votare
per combattere l’astensionismo in una elezione che è la più importante,dopo quella del 1979. Dato il benvenuto ai partecipanti e, in
particolare ad Antonio Decaro, “tra i più bravi sindaci d’Italia”, Giovanni Cacciano si è soffermato, infatti, sull’importanza di queste elezioni
continentali, in quanto “per la prima volta, è messo in crisi il patto costituente dell’Europa, patto che vedeva le forze progressiste, popolari
e liberali unirsi intorno a quello che è il modello di sviluppo europeo, modello di sviluppo che ha il più avanzato stato sociale al mondo,
invidiato da tutti, con un approccio universalistico, perché siamo la patria dei diritti civili e dei diritti sociali. Ebbene, per la prima volta da
quando votiamo per l’Europa, quel patto è messo in crisi o potrebbe essere messo in crisi dall’aggressione di destre nazionaliste,
populiste e sovraniste. Sono quelle destre che immaginano l’Europa delle piccole patrie, la patria del diciannovesimo secolo, quelle che
hanno condotto a due guerre mondiali. E l’Unione europea nasce proprio dalle tragedie delle due guerre mondiali. Noi possiamo ancora
giocare un ruolo nel mondo, un mondo di otto miliardi di abitanti, solo all’interno dell’Europa, poiché la nostra Patria è l’Europa, una Europa
federale, perché solo nella direzione europea possiamo continuare a garantire il nostro modello di sviluppo. Possiamo garantire una
Europa dei diritti, uno stato sociale universalistico. Possiamo garantire una difesa comune, una sanità comune, una politica estera
comune. Il Partito Democratico è l’argine contro questa deriva nazionalista e neopopulista. Con Antonio Decaro porteremo in Europa una
autorevole voce del Sud, la voce dei diritti di prossimità”.
E’ stata poi la volta di Antonio Decaro.
“Grazie, buon pomeriggio a tutti. So che non era scontato, in un pomeriggio di domenica, in cui si festeggia la nascita della Repubblica
Italiana, e soprattutto con una partita di calcio che si avvicina per voi. Lo dico da tifoso della mia squadra che si è salvata nell’ultima
giornata. Quindi, mi rendo conto cosa vuol dire per voi questa partita (conclusasi con un pareggio – 2 a 2 – in cui per ben due volte la
squadra del Benevento è stata rimontata dalla Carrarese,un pareggio che ha condannato il Benevento a restare in serie C, poiché, nella
partita di andata, in Toscana, la nostra squadra ha perduto per 1 a 0 – ndr)”.
“Oggi, per me, è stata una giornata particolare, emozionante. Sono stato a Roma, dove ho aperto, per l’ultima volta, alla guida dei sindaci
italiani, la sfilata davanti al Presidente Mattarella. Le fasce tricolore ci ricordano i valori, gli ideali della nostra Costituzione, la Costituzione
della Repubblica, una Repubblica unica e indivisibile. Noi sindaci oggi abbiamo interpretato quel ruolo di persone più vicine alle difficoltà e
ai problemi, ma anche più vicini alle aspirazioni, alle ambizioni. Abbiamo sfilato, mentre dal megafono si sentiva una voce che diceva: i
primi cittadini d’Italia, i politici più vicini ai bisogni della gente. E’ stata l’ultima volta per me, perché tra qualche giorno non sarò più il
sindaco della mia città e non potrò più rappresentare i sindaci italiani attraverso l’ANCI. Però, ho l’ambizione di continuare a rappresentare
i sindaci in Europa, in quel luogo dove ormai si decide tutto. Con il mio slogan, “Primi cittadini d’Europa”, voglio portare il punto di vista
degli amministratori locali che, come ho detto prima, sono quelli più vicini ai problemi, ma sono anche quelli più vicini alle ambizioni della
propria comunità. E attraverso questi anni di amministrazione mia, ma anche degli altri sindaci che ho incontrato, da Nord a Sud, sindaci
di comuni piccoli e grandi delle aree interne. Ho imparato, dalle loro esperienze che si possono cambiare le regole. Io l’ho fatto nella mia
città, grazie all’insegnamento dei miei concittadini, quando ho deciso di cambiare la tassa per la prima casa. Non so se ve la ricordate.
Sembra sia passato un secolo, ma non è passato un secolo. Io incontrai una ragazza, che, perduti i genitori, aveva ereditato una grande
villa con una grande rendita catastale e con una grande tassa. Lei diceva: “sindaco, io non ho la possibilità di pagare questa tassa perché
non ho un reddito”. Quindi, cambiai il coefficiente. Non utilizzammo più la rendita catastale, ma l’ISEE, che teneva insieme la rendita
catastale, il numero dei componenti il nucleo familiare, il reddito del nucleo familiare. Ho dato un esempio, ma ne potrei fare tanti”.
“Anche Ieri, durante l’incontro nei giardini al Quirinale, a Giuseppe Conte ho detto: guarda che il primo reddito di cittadinanza non l’hai
fatto tu, l’ho fatto io nella mia città. Si chiamava “cantiere di cittadinanza”. L’ho introdotto perché una signora, venuta con le sue due
bambine nella mia stanza, chiedeva un posto di lavoro. E mentre mi affannavo per dirle che non era mia competenza trovarle un posto di
lavoro, ha tirato fuori dalla sua borsa della spesa una piccola tanica di benzina. A questo punto, mi sono ricordato ciò che era successo al
mio predecessore nell’androne del Comune. Un signore, cosparso di benzina, aveva in mano un accendino per darsi fuoco. Il mio
predecessore lo spinse verso il muro, gli tolse l’accendino e lo salvò. Io mi sono messo tra la signora e le bambine, dicendole: Perché si
vuole dare fuoco? La signora, invece, mi ha detto: io devo uccidere te se non mi trovi un posto di lavoro. Allora ho capito che non potevo
dire “non è mia competenza”. Così, ho inventato i cantieri di cittadinanza, utilizzando risorse europee, destinate alle città metropolitane
per andare incontro, con 450 euro, a persone con un ISEE non superiore a 3.000 euro. Una forma di contrasto alla povertà”
“E’ stata una forma di soddisfazione per me, anche per aver assegnato un terreno abbandonato da 50 anni ad un super condominio.
Erano 300 famiglie che volevano un terreno per farne un orto. Io non riuscivo a fare l’assegnazione, perché c’erano 4 regolamenti
comunali in contraddizione tra di loro. Ho cancellato tutto. Siamo andati in Consiglio comunale, dove all’unanimità abbiamo approvato un
regolamento che affida i beni comunali, terreni e immobili, gratuitamente. Ho inventato, sempre con fondi europei, la possibilità di animare
dal basso, dal punto di vista culturale e anche sociale, il modo come utilizzare questi immobili”.
“Si è trattato, quindi, di aiutare i cittadini, in forma singola e associata, a esercitare quella sussidiarietà prevista dalla nostra
Costituzione, per migliorare le proprie condizioni di vita. Perché ho fatto questi esempi? Per dimostrare che i primi cittadini d’Europa sono
in grado di cambiare le regole. In questi mesi ho attraversato la circoscrizione elettorale che va da L’Aquila fino a Reggio Calabria. Ho
incontrato tradizioni, storie, comunità, tanti dialetti. Ho incrociato tante persone, tanti amministratori, tanti operatori. Mi sono accorto che
ci sono alcune questioni che dobbiamo affrontare in Europa, dove si decide tutto. Ho incrociato gli agricoltori, che mi hanno chiesto
giustamente: “se utilizziamo alcune tipologie di pesticidi attivi, poi non possiamo importare prodotti agricoli di paesi al di fuori dell’Unione
europea, che utilizzano quei prodotti, quei pesticidi che noi evitiamo per non porre in essere una concorrenza sleale”. Ho incontrato
pescatori, che hanno difficoltà col pescato, perché è stata individuata una dimensione della rete che crea dei problemi ad alcune tipologie
di pesca. Ho incontrato i balneari che incontrano difficoltà per il fatto che ogni paese adotta una sua normativa. E nel nostro paese la
direttiva europea ha tanti problemi di applicazione”.
“Probabilmente, l’Europa, stando così lontana non riesce a calarsi nelle questioni che sono specifiche di ogni territorio. Io cercherò di
portare questa esperienza in una Europa che onestamente sentiamo più vicina. L’Europa ci ha permesso di vaccinarci tutti dando la
precedenza alle persone fragili, in quello spirito di solidarietà richiamato nel manifesto di Ventotene, quel manifesto scritto da persone
come Altiero Spinelli. Un manifesto che è stato interpretato da grandi personalità, pure del mio Partito. Con lo stesso spirito di
accoglienza e di solidarietà aprii il palazzo dell’Unione europea per accogliere i senza fissa dimora, che avevano freddo in una giornata
gelida. Fu un segnale simbolico che si richiamava a quei valori, a quegli ideali ai quali ci ispiriamo tutti noi del Partito Democratico”.
“So che non siete tutti del Partito Democratico qui oggi. Però io debbo dire, con grande piacere, che vedo tante personalità che hanno
attraversato il mio partito in questi anni e che oggi si ritrovano. Sono personalità che vengono anche da esperienze politiche pregresse
come me. Vederle qui tutte insieme un po’ mi emoziona. Qualche volta mi è capitato di dire che se il Partito Democratico davvero vuole
essere un partito di massa, un partito popolare, deve cominciare un po’ di più a somigliare all’Italia che vogliamo. Se vogliamo una Italia
unita, dobbiamo pensare anche ad un partito unito che sappia superare quelle che sono le divisioni nazionali e quelle che sono le
divisioni di carattere locale”.
“Certo, ognuno di noi, soprattutto quelli un po’ più grandi, viene da esperienze pregresse. Io ero giovanissimo quando c’erano ancora i
partiti del ‘900: c’era il Partito comunista, c’era la Democrazia cristiana, c’era il Partito socialista. Vedo tante personalità politiche che
hanno attraversato quegli anni. Però è indubbio che il Partito Democratico aveva quell’ambizione politica di superare i partiti del ‘900,
contaminando le esperienze dei partiti del ‘900. Quando ho incontrato per la prima volta Walter Veltroni mi sono inginocchiato perché l’ho
ringraziato. Io vengo da una famiglia complicata. Mio padre, proveniva da famiglia socialista, mia madre, invece, era comunista perché
proveniva da famiglia comunista, Mio zio, avendo sposato la nipote del parroco, votava Democrazia cristiana. Non vi voglio dire che cosa
succedeva a Pasqua e a Natale: non riuscivamo a finire una cena o un pranzo. Mio padre, tra l’altro, era anche una figura istituzionale, nel
senso che era consigliere comunale per conto del Partito socialista. Quindi era convinto che tutta la famiglia dovesse votare per lui,
indipendentemente dalle idee di ognuno”.
“Poi, con l’arrivo di Veltroni, abbiamo salvato pranzi e cene. Sono contento però di vedere tante persone che si richiamano a quei valori e
agli ideali dell’Europa unita, dell’Europa dei popoli, dell’Europa che non deve soltanto superare le barriere doganali per darci la possibilità di
andare da un paese all’altro, come passeggeri senza subire controlli. Non deve essere soltanto una Europa economica, deve essere una
Europa politica. Deve avere una unica voce, anche autorevole, anche nei confronti della guerra, chiedendo una tregua. Non abbiamo avuto
fino ad oggi ancora una voce unica, autorevole che avrebbe permesso di imporre una tregua, a qualche chilometro da qui. Mi candido per
rappresentare gli amministratori locali e il popolo del Sud. Noi ci candidiamo come collettivo, non come singoli. La presidente del
Consiglio ha detto: “vota Giorgia”. Io, se mi dovessi candidare come singolo, dovrei dire: vota Antonio. Fa un po’ ridere, ma se lo facessi,
dovrei pagare i diritti d’autore alla famiglia di Totò, cosa che non mi potrei permettere”.
“Per fortuna, i valori e gli ideali che mi hanno accompagnato in questi anni, mi mettono in condizione di lavorare per l’unità, non solo dei
popoli europei ma anche della nostra nazione, perché mi sembra assurdo candidarmi alle europee, parlare di Europa unita e poi vivere in
un paese in cui personalità politiche fanno manifesti in cui dicono “più Italia, meno Europa”. Ma perché ti candidi alla europee se poi fai un
manifesto di questo tipo. Prova a chiedere agli inglesi, che, usciti dall’Unione europea, cosa gli è successo in questi anni. Non riescono più
a vendere il pesce, perché le procedure doganali sono lunghissime, non riescono ad importare frutta e verdura dagli altri paesi europei. Se
andate sugli scaffali di Londra non trovate i pomodori, e quando li trovate, il prezzo è maggiorato del 25%, rispetto a quando l’Inghilterra
era nell’Unione europea”.
“E ci sono politici, nel nostro paese, che strizzano l’occhio a persone come Orbàn, a paesi come l’Ungheria che, non solo negano diritti
civili a chi abita nella propria nazione, ma sono nazionalisti per fare gli interessi della loro nazione. Quando abbiamo chiesto, qualche
volta, di distribuire il flusso migratorio su tutto il territorio europeo, come abbiamo provato a fare nel nostro paese, chi si è schierato
contro il superamento del trattato di Dublino 1, 2 e 3, trattato che prevede che gli immigrati si debbono fermare nei paesi dove sono
arrivati la prima volta? Si erano schierati i paesi nazionalisti, come l’Ungheria, interessati a fare gli interessi della propria nazione, e non
quelli dell’Europa. Non interpretano il manifesto di Ventotene. Questo dobbiamo spiegare agli italiani, che andranno a votare fra una
settimana. In quella occasione, non si tratterà di scegliere tra la monarchia e la Repubblica, però andremo a votare per scegliere tra chi,
del mondo progressista, ha governato l’Europa in questo periodo e chi, invece, tra i nazionalisti, non avrebbe mai avuto quello spirito di
solidarietà che c’è stato, da parte dell’Europa, subito dopo il covid, perché l’Europa, per la prima volta, decide di mettere a disposizione dei
paesi più fragili pezzi di debito pubblico di tutti i paesi europei, per aiutare quei paesi più in difficoltà”.
“Dei 750 miliardi di recovery, 220 miliardi sono arrivati a noi, la cui distribuzione, programmata dal PNRR, è destinata al Sud per il 40%.
Quaranta miliardi di euro sono arrivati ai comuni, soldi che non abbiamo mai visto, per realizzare asili-nido, parchi, giardini per la
socializzazione, attrezzature sportive per fare sport all’aperto. Poi, ancora, tanti investimenti sugli autobus elettrici, tranvie, metropolitane,
riqualificazione di case popolari, biblioteche di quartiere, musei. Tante risorse europee che ci accompagnano. Io, prima del PNRR, già
usavo i fondi strutturali. Ho dato la possibilità ai miei cittadini di pagare l’autobus con 20 euro all’anno, per poter salire su tutte le linee di
trasporto pubblico.
“Con i fondi europei, ho finanziato il pronto intervento sociale, con la presenza di notte di assistenti sociali. Ho finanziato le reti civiche
urbane, ho messo a disposizione 3 milioni di euro per potenziare la rete di associazione tra parrocchie e scuole, che rappresentano poi
l’ossatura delle nostre città. Costituiscono la comunità. Quando mi dicono: qual è l’opera pubblica più importante che hai realizzato? Io
rispondo: La comunità, perché ho aiutato associazioni, scuole e parrocchie a stare insieme, a tenersi per mano, a rafforzare legami dal
punto di vista umano che già esistevano. E’ la cosa più importante per noi, perché noi siamo quelli della comunità che sta insieme, non
quelli della comunità rinserrata, che deve stare chiusa in casa, che vede il nemico anche dall’altro lato del pianerottolo, che devo avere
l’arma per difendersi non si sa da chi. I populisti individuano un problema e, nel contempo, individuano un nemico. Non trovano mai una
soluzione. Noi siamo i progressisti, siamo i riformisti, è vero Umberto (De Caro –ndr), siamo quelli che invece cercano di trovare soluzioni
ai problemi. L’Europa l’abbiamo sentita più amica. Io, quando vedo quella bandiera blu con le stelle dorate, soprattutto dopo i soldi del
PNRR, me la voglio abbracciare insieme alla bandiera italiana, perché mi ha permesso di far crescere la mia città”.
Non sento, invece, lo stesso atteggiamento da parte del governo italiano. Mentre l’Europa ci tende la mano, il governo italiano tira
indietro la mano. I comuni che hanno investito i fondi del PNRR realizzano le opere pubbliche che poi devono gestire. Quindi, hanno più
necessità di risorse per la gestione, risorse che invece il governo non eroga. E sono comuni del Sud, perché, come ho detto prima, il 40%
delle risorse vanno al Sud”.
“Dal primo luglio tolgono i soldi per la decontribuzione per le aziende del Sud. Le aziende del Sud pagavano il 30% in meno di contributi
per i lavoratori, gli altri li versava lo Stato, per dare la possibilità, dopo il covid, di fare assunzioni ed evitare licenziamenti. Poi, c’è
l’autonomia differenziata, che è stata citata nei due interventi precedenti. Sarà per noi una iattura. La colpa è anche nostra. Perché se non
avesse inserito la Lega, all’epoca, l’autonomia differenziata, o meglio il federalismo, oggi non staremmo parlando del decreto Calderoli.
Quel decreto, però, spaccherà, con l’autonomia differenziata, un paese in due. Lo dividerà, perché già oggi non abbiamo gli stessi servizi”.
“La costituzione prevede, indipendentemente da dove nasci e da dove decidi di andare a vivere, di avere gli stessi diritti e gli stessi
servizi. Faccio sempre gli esempi delle attese, le liste d’attesa, l’attesa dell’autobus. Guardate le vostre attese e guardate le attese negli
altri comuni del Nord Italia. Sono diverse, sono più lunghe da noi. Un autobus si aspetta di più. E’ colpa dei sindaci del sud? Io non credo.
Qualche settimana fa, ho letto che l’autonomia differenziata serve al Sud per responsabilizzare gli amministratori. Io ho incontrato tanti
amministratori del Sud assolutamente responsabili. Sono quelli che, senza risorse economiche e senza risorse umane, sono riusciti a
spendere i soldi del PNRR più e meglio degli altri. Come in Forrest Gump, quel famoso film in cui nessuno avrebbe scommesso niente
sulla corsa e sul percorso di quell’attore. E lui corre, corre, perché sente una vocina nell’orecchio. E la stessa cosa hanno sentito i sindaci,
soprattutto quelli del sud, una vocina, solo che, quando l’attore si girava non c’era nessuno, era una voce immaginaria”.
“Quando i sindaci si girano, la voce non è una e non è immaginaria, sono centinaia di persone che ti rincorrono e ti dicono: ”Sindaco,
corri, corri, spendi le risorse del PNRR, perché se non le spendi io non ti voto”. Questo sono riusciti a fare, un’impresa che sembrava
impossibile, lo abbiamo fatto, ci siamo riusciti, e quindi credo che abbiamo dimostrato di essere amministratori responsabili. Non
sentiamo la vicinanza da parte del governo, perché con l’autonomia differenziata davvero lo divideremo. Qualcuno dice che a Firenze e a
Bologna l’autobus si aspetta 20 minuti. Faccio sempre esempi legati al mio mestiere precedente, quello di ingegnere dei trasporti. A Bari
,invece, si aspetta il doppio, 40 minuti. Qualcuno dirà che forse ha ragione la Meloni. I sindaci del Nord sono più responsabili? Io credo di
no, proprio perché sono ingegnere dei trasporti. Tra l’altro, Firenze e Bologna sono grandi quanto Bari, stesso numero di abitanti e hanno
sindaci che sono due miei amici: Nardella e Matteo Lepore. Saranno più bravi di me come sindaci, più responsabili. Sui trasporti no, vi
assicuro che sui trasporti sono più bravo io, anche perché mi chiamano per risolvere i loro problemi sui trasporti. Però là si aspetta di
meno, la metà”.
“Perché? Loro ricevono 40 milioni di euro, 2 euro a kilometro per 20 milioni di kilometri e quindi si aspetta 20 minuti. A Bari. poiché
solitamente mi danno 20 milioni di euro, l’autobus si aspetta 40 minuti. Ho detto alla Meloni: dai 40 milioni di euro pure a me e ti faccio
vedere che l’autobus si aspetta 20 minuti pure a Bari. Non è questione di responsabilità, è questione di risorse che non abbiamo mai
avuto e che con l’autonomia differenziata, quelle risorse diminuiranno. Ogni regione, per alcune attività, come quelle dei servizi sociali, il
trasporto pubblico ci chiede le proprie risorse, la propria capacità fiscale, che ovviamente è più alta al Nord, perché ci sono infrastrutture
che noi non abbiamo, ci sono aziende che si sono insediate quando c’erano le infrastrutture che noi non abbiamo. Stiamo facendo degli
sforzi per avvicinarci alle altre regioni del Nord. Ecco il 40% dell’Irpef, che è la fascia più facile da individuare, è concentrata in tre regioni:
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Non vi chiedo chi ha voluto l’autonomia differenziata, perché la risposta è facile: Lombardia,
Veneto ed Emilia-Romagna, perché ovviamente tenendosi le proprie risorse aumenteranno i servizi e miglioreranno i servizi per le proprie
comunità”.
“Ai baresi ho detto: voi aspetterete l’autobus 50 minuti con l’autonomia differenziata, a Firenze e Bologna, buon per loro, aspetteranno 10
minuti o 15 minuti e non è giusto, non è giusto per noi, non è giusto per le nuove generazioni. I parlamentari del centro destra, anche quelli
di questo territorio, stanno tradendo il loro territorio, tradiscono la Costituzione italiana. la Costituzione prevede nell’art. 3: “è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Vedete
come sono belle quelle parole, le ho citate spesso in tutti gli interventi che fatto, anche oggi sul tg1. Ogni parola porta con sé la bellezza
dei valori e degli ideali della nostra Repubblica, ma anche il peso e la responsabilità della Repubblica. Io vi parlo dell’autonomia
differenziata. perché faccio il sindaco, sono un amministratore, ma più di me sono una Repubblica i parlamentari, e i parlamentari del
centro destra, anche di questo territorio, hanno tradito quelle parole della Costituzione, perché quegli ostacoli non solo non li stanno
rimuovendo, ma ne stanno mettendo degli altri, con l’autonomia differenziata. E non è giusto perché impediranno lo sviluppo alle nostre
comunità e perché taglieranno le gambe una volta per tutte alle nuove generazioni”.
“Io ho visto Matteo Salvini che due giorni fa ha chiuso un comizio, salutando il generale Vannacci e mettendo, in sottofondo, una
canzone di De Gregori. “Generale” si chiama quella canzone, però non so se De Gregori ha querelato Salvini, e non so se Salvini conosce
bene la storia e la discografia di De Gregori. Io la conosco e, prima, ho preso un appunto perché mi son ricordato di una canzone di De
Gregori, che a un certo punto dice: e poi la gente, perché è la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere, te la trovi tutta con gli
occhi aperti, perché sa benissimo cosa fare. Ecco, io a Matteo Salvini vorrei dire che la storia siamo noi del Sud, siamo la storia e siamo
anche il futuro di questo paese. E quelli del Sud sanno bene dove debbono andare. Hanno gli occhi aperti e glielo faremo vedere l’8 e il 9
giugno con gli occhi aperti, la schiena dritta e la testa alta, Grazie dell’opportunità che mi avete dato oggi. Buona fortuna”.
Giuseppe Di Gioia
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