ANCHE SE BENEVENTO DISTA 700 CHILOMETRI DA SIRACUSA, GLI SPETTACOLI PROGRAMMATI DALL’INDA (ISTITUTO NAZIONALE DRAMMA ANTICO) SONO DIVENATI ORMAI IMPERDIBILI - Cultura

ANCHE SE BENEVENTO DISTA 700 CHILOMETRI DA SIRACUSA, GLI SPETTACOLI PROGRAMMATI DALL’INDA (ISTITUTO NAZIONALE DRAMMA ANTICO) SONO DIVENATI ORMAI IMPERDIBILI

Il cast di Malies era composto esclusivamente da donne

Come di consueto ormai, da molti anni l’Inda Fondazione ci regala profonde emozioni. Regolarmente accreditato da persone evolute,
interessate a far parlare del Teatro Greco, patrimonio dell’Umanità, al di fuori dei limiti regionali, e degli spettacoli del dramma antico che
vengono rappresentati, con Malies Gloriosus e Fedra, anche quest’anno abbiamo assistito a due bellissime rappresentazioni di due
capolavori della letteratura antica, potendo contare sulla ospitalità di un amico di gioventù.
Con Milies Gloriosus, Pirgopolinice (Paola Minaccioni) per la regia di Leo Muscato, con Marialuisa Bafunno assistente alla regia,
abbiamo ammirato la commedia di Tito Maccio Pluto, derivante dalle atellane, di cui ci hanno colpito sicuramente i costumi indossati
dalle bravissime attrici: il cast, infatti, che ha recitato la commedia, tradotta da Caterina Mordeglia, era formato esclusivamente da donne.
Tra di esse è stata premiata Giulia Fiume che ha magistralmente interpretato il ruolo del “fedele” servitore dell’eroico soldato, Palestrione,
un servitore che fingendo lealtà al padrone, realizza gli interessi di due giovani innamorati e non per ultimo il proprio. Infatti, alla fine della
commedia riesce ad ottenere la libertà, che poi, in definitiva, è la vera protagonista della commedia stessa: la libertà di due giovani
innamorati di poter coronare il loro sogno d’amore, la libertà di scegliere il proprio uomo e la propria donna, senza alcun vincolo o
costrizione Filocomasio, Gloria Carovana, ed infine, non ultima, la libertà personale, concessa al famoso servitore.
Le attrici, che hanno indossato i costumi ideati da Silvia Aymonino, con l’aiuto dell’assistente, Maria Antonietta Lucarelli, si sono mosse
sulle scene ideate da Federica Parolini, illuminate da Alessandro Verazzi.
Molto curate sono state le scene di Anna Varaldo, quale assistente scenografa, e dirette da Giuseppe Coniglio, coadiuvato da Giuseppe
Orto, mentre Francesca Della Monica ha curato la direzione del coro, di cui era responsabile Elena Polic Greco. Hanno ravvivato la
rappresentazione le musiche di Ernani Maletta, con le coreografie di Nicole Kehrberger. Ottima la consulenza del drammaturgo Francesco
Morosi.
Il cast è stato composto da: Artotrogo (Alice Spisa), adulatore per eccellenza del Milies, in cerca solo di cibo. Sceledro, Francesca Mària
viene convinto da Palestrione che il giovane non sta baciando Filocomasia, bramata da Pirgopolinice, ma la sorella gemella. Soltanto
grazie a questo accorgimento si potrà evitare che Pirgopolinice scopra l’amore tra la sua amata e Pleusicle.
Bravissima anche l’interpretazione di Periplectomeno, da parte di Pilar Perez Aspa, molto convincente nel suo ruolo di ospite
dell’immaginaria gemella di Filocomaso, che egli dice di ospitare nella sua casa. Bravissimi anche il servo Lurcione, interpretato da Ilaria
Ballantini; Acroteleuzio, la cortigiana ingaggiata per fingere di essere la moglie di Periplectomeno, interpretato a sua volta da Deniz
Ozdogan; la schiavetta, Milfidippa ( Anna Charlotte Barbera) e la simpaticissima Scimmia, interpretata da Valentina Spaletta Tavella.
Alla rappresentazione hanno partecipato anche gli allievi dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico, sezione Giusto Monaco.
La commedia, Il “Miles Gloriosus”, narra la storia di un soldato fanfarone di nome Pirgopolinice che rapisce la prostituta Filocomasio di
cui era innamorato il giovane Pleusicle, interpretato da Arianna Primavera.
Grazie ad una beffa architettata dal servo di Pleusicle, Palestrione, i due amanti riescono a ricongiungersi e Pirgopolinice viene
sbeffeggiato. Come acutamente la critica afferma: ”La caratteristica semantica dei personaggi di Plauto è proprio quella di dare nomi
significativi, composti spesso da parole greche, che hanno il compito di descriverne le caratteristiche e di far intuire al pubblico, quale
ruolo svolgeranno all’interno della commedia”.
Il giorno successivo vi è stata la rappresentazione di un grande classico della tragedia greca, Fedra di Euripide, la cui regia è stata curata
da Paul Curran, assistito alla regia da Michele Dell’Utri, sulla traduzione di Nicola Crocetti
La tragedia è ambientata a Trezene, nella reggia di Pitteo, nonno materno di Teseo, interpretato da Alessandro Albertin quando Teseo si
trova lì in esilio, per scontare l’omicidio dei figli di Pallante. Nello sfondo della reggia di Pitteo vi sono le statue di Artemide e Afrodite. Ed è
proprio quest’ultima, interpretata da Ilaria Granatiempo che si lamenta di Ippolito, Riccardo Livermore, il figlio nato da Teseo e dalla
Amazzone. Il giovane, infatti, non solo la rifiuta, ma le preferisce la vergine Artemide, dea della caccia abilmente presentata da Giovanna
Di Rauso, alla quale offre fiori e preghiere.
La dea dichiara apertamente di volersi vendicare, ed ha già escogitato un piano. Infatti, ha fatto innamorare Fedra, moglie di Teseo, del
figliastro Ippolito. Ora la donna soffre in silenzio, ma il suo segreto non durerà a lungo. Quando entra in scena il coro di donne di Trezene,
queste ultime sono preoccupate per Fedra, Alessandra Salamida, per quel malessere misterioso che la consuma e che non le permette di
mangiare. Sarà la nutrice, Gaia Aprea, a scoprire quale dolore angoscia Fedra ed una volta conosciuto il motivo del suo malore le lascia
intravedere la possibilità di usare filtri magici in grado di farla guarire da questo amore. Con questo auspicio, entra nel palazzo
promettendole di mantenere il segreto. In realtà la nutrice espone ad Ippolito il problema, dopo avergli fatto giurare solennemente che non
l’avrebbe rivelato a nessuno. Ippolito è smarrito e non ha la benché minima volontà di aderire all’amore di Fedra, anzi promette che al
ritorno del padre Teseo, gli rivelerà tutto quanto è accaduto.
Fedra vistasi scoperta e tradita, pensa, per il bene dei suoi due figli, avuti da Teseo, di impiccarsi, ma offesa dal rifiuto di Ippolito, lo
accusa nella lettera lasciata a giustifica del suo gesto, di averla insidiata. Quando Teseo ( Alessandro Albertin), la trova si dispera per il
gesto compiuto dalla moglie, ma non appena legge la lettera da lei lasciata, si infuria contro il figlio Ippolito e lo maledice. Infatti, decide di
cacciarlo dalla città e di inviarlo in esilio. Nel frattempo, prega il dio Poseidone di farlo morire. Il dio del mare lo accontenta e invia un toro
che travolge il carro con i cavalli di Ippolito, che viene ferito mortalmente.
Il servo, Marcello Gravina, si reca quindi presso Teseo affinché veda il figlio, ridotto in fin di vita e lo perdoni. L’incontro avviene poco
prima di spirare, Ippolito racconta la verità al padre e morendo si riconcilia con lui.
Nel finale vediamo prima la dea Afrodite, che fiera ed altera, del compimento della sua vendetta, porta sulle braccia la veste di Fedra. La
getterà sdegnosamente per terra, a simboleggiare l’assoluto ed il totale disprezzo, che gli dèi hanno per i mortali.
Artemide, invece, dal canto suo, si mostra pietosa nei confronti dei protagonisti ed a sua volta, comincia a pensare alla sua vendetta, nei
confronti di Afrodite.
Lo scenario è dunque quello degli dèi, ricchi di pregi e difetti come gli umani, che non hanno la benché minima considerazione per questi
ultimi, al punto da considerarli solo delle pedine, per la realizzazione dei loro scopi ed il compimento delle loro vendette.
Giuseppe Di Gioia

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