STABAT MATER NELLA CHIESA DELL’ANNUNZIATA LA SERA DEL 18 APRILE - Cultura

STABAT MATER NELLA CHIESA DELL’ANNUNZIATA LA SERA DEL 18 APRILE

Il concerto è stato introdotto da Monsignor Mario Iadanza

Lo Stabat Mater — il cui titolo latino significa "Stava la Madre" — è una preghiera cattolica, più precisamente una sequenza, attribuita
tradizionalmente al beato Jacopone da Todi. I suoi primi versi, "Stabat Mater dolorósa", evocano l’immagine di Maria ai piedi della croce,
immersa nel dolore durante la Passione e crocifissione di Gesù.
La seconda parte, che si apre con "Eia, mater, fons amóris" ("Oh, Madre, fonte d'amore"), è una supplica: il fedele chiede di condividere
l'intensità del dolore provato da Maria e da Cristo. Pur in latino, il testo riflette il ritmo tipico della poesia medievale. La più antica
testimonianza musicale dello Stabat Mater risale a un codice del tardo Duecento, proveniente dal monastero domenicano di Santa Maria
Maddalena a Bologna.
Nel corso dei secoli, numerosi compositori si sono cimentati nella sua messa in musica: Roland de Lassus, Alessandro Scarlatti, Antonio
Caldara, Nicola Fago, Antonio Vivaldi, Pier Luigi da Palestrina, Luigi Boccherini, tra gli altri.
A Benevento, da sedici anni, lo Stabat Mater è protagonista del Venerdì Santo, il giorno in cui Cristo è stato crocifisso, e negli ultimi cinque
anni trova la sua cornice nella Chiesa civica della SS. Annunziata. Un appuntamento attesissimo, occasione preziosa per meditare sul
mistero della crocifissione e sul dono estremo di Dio, che ha sacrificato il proprio Figlio per la redenzione del mondo, a giudizio del
cattolici.
Il concerto è stato introdotto da Monsignor Mario Iadanza, che ha presentato tre versioni dello Stabat Mater: quella di Nicola Fago, quella
composta dal Maestro Veaceslav Quadrini Ceaicovschi, e infine una versione poetica di David Maria Turoldo. Fago scrisse per soli, coro e
orchestra; Quadrini Ceaicovschi per soprano, contralto, coro e orchestra.
Monsignor Iadanza ha offerto una riflessione intensa, sottolineando come questa sequenza, ancora oggi, sappia parlare direttamente al
cuore. Prima di lasciare spazio alla musica, ha augurato al pubblico non un semplice "buon ascolto", ma, correggendosi con dolce ironia,
una "buona degustazione", quasi a sottolineare il carattere profondo e sensoriale dell’esperienza che i presenti stavano per vivere.
A seguire, è stato letto un brano del Vangelo di Giovanni, le parole di Gesù a Giovanni: "Ecco tua madre". In quell’atto di affidamento
reciproco tra il discepolo e Maria si racchiude tutta la grandezza dell’amore terreno di Cristo: non lasciare soli coloro che più ha amato.
Gesù, dalla croce, vede sua madre. Lei, "stava": era presente, silenziosa e fedele, nel momento più tragico. Maria non ostacola, non
reclama, non si ribella. Si affida, rimane, ama. È madre fino all'ultimo respiro del Figlio.
In questo clima di intensa commozione hanno preso vita le note dello Stabat Mater, interpretato da Federica D’Antonino (soprano),
Michela Rago (mezzosoprano), Giuseppe Maiorano (tenore) e Michele Bisceglie (basso), accompagnati dall'Orchestra Internazionale della
Campania e dal Coro da Camera Opera Festival.
Primi violini: Francesca Farina, Sofia Di Somma, Salvatore Terranova, Giuseppe Quadara, Sara Pisaniello; secondi violini: Erika Verga,
Francesco Chirico, Massimo Palumbo, Antonio Perotti, Francesca Tagliamonte. Alle viole: Guido Esposito e Sara Lombardi; ai violoncelli:
Enzo Di Somma e Maria Pucino; ai contrabbassi: Giovanni Miele, anche direttore artistico della serata, e Federico Maylin. Al clavicembalo,
impegnato nel basso continuo, il Maestro Leonardo Quadrini.
Nel corso del concerto, Monsignor Iadanza ha ricordato come Gesù, trafitto sulla croce, sia lo stesso che camminava tra la gente della
Palestina. E come i discepoli, pur amandolo, non seppero rimanere accanto a lui nell’ora più buia. Solo Maria resta: madre nel dolore,
madre nella speranza.
Ella, pur spezzata dal dolore, non si sottrae: "sta" ai piedi della croce, come poi starà accanto agli apostoli nel giorno di Pentecoste,
continuando a compiere il suo compito più grande, quello di amare.
Il racconto musicale e lirico della serata ha offerto una forza struggente, capace di elevarsi oltre le parole, dove solo la musica può
arrivare.
Concludendo, Monsignor Iadanza ha lasciato al pubblico un messaggio potente:
"Voi che credete, voi che sperate, andate a dire ai quattro venti che la morte sarà sconfitta, spargete la vostra gioia e dite a tutti che la
speranza non ha confini. Grazie, e Buona Pasqua".
Giuseppe Di Gioia

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