"I DUE PAPI", UN DIALOGO, DURATO DUEORE, TRA RATZINGER E BERGOGLIO, CHE E' STATO SEGUITO ATTENTAMENTE DAL PUBBLICO NEL TEATRO COMUNALE - Cultura

"I DUE PAPI", UN DIALOGO, DURATO DUEORE, TRA RATZINGER E BERGOGLIO, CHE E' STATO SEGUITO ATTENTAMENTE DAL PUBBLICO NEL TEATRO COMUNALE

La storia è stata scritta da Anthony McCartney, tradotta da Edoardo Erba, con la regia di Giancarlo Nicoletti, interpretata egregiamente da Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, l’unica versione, quella italiana che l’autore ha autorizzato.
La presentazione della storia inizia con la diretta di repertorio del 19 aprile 2005, giorno in cui vi fu la proclamazione di Ratzinger al soglio pontificio, incarico che accetterà con il nome di Benedetto XVI.
L’autore Anthony McCarteney, lo ha voluto presentare al pubblico nei suoi momenti non strettamente professionali, come il suonare il pianoforte, attività dal Papa molto sentita, la consumazione della cena, con la sua assistente, Suor Brigitta, (interpretata da Anna Teresa Rossini), la visualizzazione del programma del cane Rex, con un vecchio e a volte inefficiente televisore.
Ad ella il Papa confessa le sue difficoltà, apre il suo cuore ad un dialogo in cui mette a nudo la propria anima, con le difficoltà che sta incontrando nel suo pontificato.
È stato così il rapporto fra Ratzinger e Bergoglio, perlomeno come l’ha voluto tratteggiare ne “I due Papi”, il testo teatrale che una volta presentato come film, ha ottenendo due nomination: una come miglior sceneggiatura agli Oscar e l’altra al Golden Globe, grazie alle interpretazioni dei bravissimi, Jonathan Pryce e Anthony Hopkins.
Non di meno dobbiamo dire della versione teatrale alla quale abbiamo assistito, quella in cui Papa Benedetto XVI è stato interpretato da Giorgio Colangeli e Papa Francesco da Mariano Rigillo. Inutile sottolineare la grande bravura che entrambi hanno dimostrato nell’interpretazione dei rispettivi ruoli.
Bellissime sono state le scenografie realizzate da Alessandro Chiti, insignito del Premio “Mulino Fenicio” che hanno riprodotto i giardini di Castel Gandolfo, la terrazza di San Pietro ed infine la Cappella Sistina. Il lavoro teatrale è riuscito egregiamente a mettere in evidenza quanto dolore, tormento abbia vissuto il papa Ratzinger, nel momento in cui decise di rinunciare alla cattedra di S. Pietro.
Benedetto XVI si confida con la sua assistente, la quale inorridita, lo scongiura di non dimettersi, perché la Chiesa in quel momento ha molto bisogno di una guida. Gli fa l’esempio del suo convento in cui, quando vi è entrata, vi erano novanta suore, mentre ora ne erano rimaste solo quindici... Le famiglie di una volta bussavano ai conventi per chiedere di accogliere le figlie, in realtà, spesso, per assicurale un tetto ed un pasto caldo, forse tutto ciò poco aveva a che fare con la vocazione….
L’autore ha compiuto un viaggio all’interno delle due anime: quella tormentata di Ratzinger e quella di Bergoglio, che invano, ripetutamente, chiede che vengano accolte le sue dimissioni da cardinale. Egli, infatti, vuole tornare da dove ha iniziato a fare il sacerdote, tra i poveri, così come aveva confidato alla sua collaboratrice, interpretata dalla brava Ira Fronten. Quando viene convocato dal papa, Bergoglio riprende a sperare di essere esaudito nella sua richiesta, ma ben presto si dovrà arrendere davanti alla determinazione del Pontefice, che verosimilmente lo vede forse come suo successore.
La grande intuizione di Bergoglio, nel suo ideale colloquio con il Papa, è quello di sottolineare che in natura non c’è nulla di statico, essa si sta evolvendo insieme all’uomo e teme che la Chiesa, in realtà, abbia costruito un muro intorno a sé.
Il pensiero di Ratzinger invece si sposta poi su un problema particolarmente scottante, che deve inevitabilmente gestire, su coloro i quali hanno abusato dei bambini. Ed allora qui il tema trattato diventa particolarmente scottante. Qualunque provvedimento venga preso nei confronti dei sacerdoti pedofili, sostiene Ratzinger, li potrà purificare, ma non potranno essere risarcite le vittime…
Una presa di coscienza che solo un vero credente poteva avere. Di contro, Bergoglio lo esorta a su volta “A non scendere dalla croce”, ma a nulla valgono le argomentazioni addotte dal cardinale. Le dimissioni, così come anticipato, arriveranno puntuali l’11 febbraio 2013 e divennero esecutive il 28 febbraio dello stesso anno.
Il Papa si era così espresso: ”Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero pietrino”.
La motivazione di Benedetto XVI è semplice: “Sono un semplice pellegrino che inizia la sua ultima tappa su questa terra. Grazie a tutti e buonanotte”.
I due attor,i parlando del rapporto fra il Papa dimissionario e il futuro Pontefice, hanno affermato di esserne stati coinvolti anche nel privato, e a proposito del ruolo svolto, a teatro, hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni: «È la prima volta che recitiamo insieme, io e Giorgio: ci siamo trovati veramente bene - ammette Rigillo – e per attori con alle spalle una lunga carriera non è un fatto per nulla scontato».
Colangeli conferma: «Io vengo da un percorso molto diverso rispetto a quello di Mariano, mi sono anche messo in una posizione di ascolto e l’intesa è stata perfetta».
Ricordava il regista che la scelta su chi dovesse interpretare l’uno o l’altro Pontefice è stato semplice, perché è bastato guardare alle caratteristiche somatiche. Entrambi inoltre hanno un approccio simile con la fede. «Non sono un credente – confessa Rigillo – ma non disdegno confrontarmi con questioni esistenziali a cui non so rispondere; riconosco di aver fatto marcia indietro, ma sinceramente provo gioia nel recitare il personaggio di Bergoglio». A sua volta, Colangelo così si esprime: «Non sono un praticante ma mi piace rappresentare la figura del prete, perché è un personaggio che ha una forte rilevanza sociale, che può far star meglio la gente. E comunque io vedo nel teatro una forte similarità con la religione, soprattutto nel tentativo di trascendere il quotidiano e il contingente, e di agganciarsi a qualcosa di più duraturo».
Gli attori hanno realizzato un’interpretazione eccellente, indossando i magnifici costumi realizzati da Vincenzo Napolitano e Alessandra Menè, mentre il disegno delle luci e la fonia sono stati curati da David Barittoni.
Giuseppe Di Gioia

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